Anche le società in house possono fallire.
E’ quanto ha stabilito il Tribunale di Palermo, con sentenza del 13 ottobre 2014, in materia di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di una società in house, affidataria del servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Il Tribunale, argomentando a favore dell’assoggettabilità della società in questione alle disposizioni codicistiche e speciali in tema di fallimento, traccia nettamente una linea di divisione tra l’Ente pubblico e la società partecipata, gerente il servizio pubblico.
La società a partecipazione pubblica rappresenta, secondo quanto statuito anche dalla Suprema Corte (ex plurimis, Sent. 22209/13), solo una delle modalità di gestione del servizio pubblico. E’, infatti, compito dell’Ente pubblico titolare degli interessi pubblici, in caso di insolvenza della affidataria, trovare una soluzione alternativa al loro soddisfacimento.
La pronuncia del Tribunale di Palermo sembra, inoltre, meglio conformarsi a quanto stabilito in materia di concorrenza all’interno del quadro normativo UE: essa appare, infatti, coerente con l’art. 106 del Trattato dell’UE sulla parità di trattamento tra imprese pubbliche e private.
La scelta delle PP.AA. di acquisire partecipazioni in società private implica l’assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta, senza la possibilità di abusare delle procedure più convenienti, oscillando a proprio piacimento e convenienza da un regime giuridico all’altro.
Le PP.AA., che sino ad ora beneficiavano dell’affidamento diretto della gestione dei servizi pubblici a società partecipate, dovranno dunque utilizzare, d’ora in avanti, procedure di evidenza pubblica, attraverso pubbliche gare, nell’ottica di un sempre maggiore rispetto dei principi della concorrenza tra le imprese e della trasparenza.