I Comuni non possono ancora affidare direttamente a una società partecipata da un soggetto privato il servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani e assimilati, mancando in tal caso il requisito del “controllo analogo”, necessario per consentire l’utilizzo del “in house providing”, in luogo della gara d’appalto.
Così ha statuito il Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 11 settembre 2015, n. 4253, annullando la delibera della giunta comunale di adesione del Comune a una Società per Azioni per affidarle il servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati, non riscontrando il controllo analogo da parte dell’amministrazione che l’ha costituita, data la partecipazione anche di soggetti privati.
Richiamando la costante giurisprudenza amministrativa, sulla scorta dei principi fissati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella Sentenza 3 marzo 2008, n. 1, i giudici della Quinta sezione hanno ribadito come sia indispensabile, per legittimare il procedimento di affidamento diretto, il requisito della sottoposizione dell’affidatario al controllo analogo, ravvisabile esclusivamente nella partecipazione totalitaria della Pubblica Amministrazione al capitale sociale, e quindi nella totale assenza di soggetti privati.
Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 11 settembre 2015, n. 4253,