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Governa approva il 6/12/2012 il decreto-legge “anti infrazioni UE”

19 Gen 2013 | ARCHIVIO STORICO

Il 6/12/2012 il Governo ha approvato un decreto legge (c.d. “anti infrazioni UE”) che risponde alla necessità di adempiere agli obblighi europei oggetto di contestazione da parte della Commissione europea. Palazzo Chigi evidenzia con una nota che “il ritardo nell’attuazione o il non corretto recepimento della normative UE da parte dello Stato italiano è causa di numerose procedure di accertamento di infrazioni da parte della Commissione europea che, nei casi più gravi, ha assunto la decisione di ricorrere alla Corte di Giustizia UE per far giudicare l’inadempimento dello Stato. Le norme del decreto potranno contribuire, nell’auspicio del Governo, alla chiusura di svariate procedure, evitando le probabili sanzioni pecuniarie a carico dello Stato”. Il decreto legge “Salva sanzioni” contiene disposizioni urgenti per il tempestivo adeguamento statale agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Si tratta di obblighi specifici di cui alla normativa UE, quali appunto il superamento di procedure di infrazione e di contestazioni, ovvero atti normativi e amministrativi, non pienamente conformi al diritto dell’UE. “Con tale provvedimento – spiega ancora la nota – si potrebbero chiudere 4 procedure di infrazione, recepire 2 direttive i cui termini sono scaduti e adempiere a una sentenza della Corte di Giustizia UE, migliorando ulteriormente il livello raggiunto in questi 12 mesi di azione dal Governo. Azione che consente all’Italia, per la prima volta da decenni, di portarsi al di sotto del livello delle 100 procedure in corso”. Tra le maggiori contestazioni presentate da Bruxelles e che potrebbero, se non sanate in tempo, portare il nostro Paese davanti al giudizio della Corte di Giustizia dell’Unione (con il pericolo, in caso di condanna, di pesanti sanzioni pecuniarie) Palazzo Chigi ricorda le questioni rilevanti la libera circolazione delle persone e della parità di trattamento, la materia della concorrenza e degli Aiuti di Stato; fiscalità e dogane; lavoro e politica sociale; sanità; ambiente. In materia di fiscalità locale il decreto-legge prevede l’abrogazione dell’art. 10 comma 2 della legge n. 448/2001, in virtù del quale “I comuni che abbiano in corso di esecuzione rapporti di concessione del servizio di accertamento e di riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni possono avvalersi, previa rinegoziazione dei contratti in essere, dei titolari dei medesimi rapporti anche per la riscossione di altre entrate comunali e per le relative attività propedeutiche, connesse o complementari.” Ebbene, sulla base di tale disposizione diversi comuni hanno provveduto a disporre affidamenti diretti della attività di accertamento e riscossione dei tributi locali, in mancanza dei presupposti legali e senza considerare il carattere transitorio della norma (riferita ai contratti ICP in corso al 1° gennaio 2002). La v icenda è quindi approdata alla commissione europea, che, attraverso l’ufficio EU Pilot, ha aperto il caso 3452/12/MARKT, richiedendo chiarimenti al Governo italiano. La presidenza del consiglio dei ministri, dipartimento per le politiche europee, ha fornito chiarimenti circa l’inquadramento dell’articolo 10 della legge 448/2001. Nella nota si legge: «La norma non attribuisce agli enti locali la facoltà di disporre la proroga o il rinnovo delle concessioni, ma si limita più semplicemente ad autorizzare l’estensione delle attività oggetto della concessione in corso». Ed ancora: «L’articolo 10 comma 2 della legge 448/2001 è una disposizione di carattere transitoria finalizzata a garantire l’equilibrio economico finanziario del rapporto in corso». Sulla questione si è peraltro pronunciata l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP) con la deliberazione n. 98 del 21/11/2012 evidenziando che la possibilità di rinegoziazione vale esclusivamente per i contratti in essere al 1° gennaio 2002 e non può estendersi ai contratti sottoscritti successivamente alla modifica normativa. La rinegoziazione, inoltre, serve esclusivamente a restaurare la perdita subita e non può costituire un modo surrettizio per effettuare affidamenti di servizi senza evidenza pubblica, ponendosi in caso contrario in palese contrasto con i principi comunitari in materia di prestazione di servizi, esplicitati nell’art. 2 del D.Lgs. 163/2006. Si tratta quindi di una norma transitoria i cui effetti si sono esauriti al più con gli affidamenti a vantaggio dei precedenti concessionari. In sostanza per l’AVCP il contenuto letterale della norma non può lasciare dubbi circa il fatto che la deroga all’evidenza pubblica è limitata esclusivamente ai contratti in essere al momento dell’introduzione delle modifiche normative per l’accertamento e la riscossione dell’imposta sulla pubblicità. Pertanto, ogni eventuale affidamento effettuato richiamando tale norma appare oggi illegittimo ed in palese violazione con i principi di trasparenza, concorrenza e par condicio. Ora, con l’abrogazione espressa disposta dal decreto-legge “anti infrazioni UE”, la questione dovrebbe definitivamente risolversi, evitando l’ennesima procedura di infrazione comunitaria.