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CTR Milano 176 del 28/12/2012: ICI – moschea esente dall’imposta

27 Apr 2013 | ARCHIVIO STORICO

Con la sentenza n. 176 del 28/12/2012 la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha affermato che la Moschea è esente dall’ICI, principio peraltro estensibile anche all’IMU. In via preliminare la CTP di Milano osserva che in tema di interpretazione applicativa della normativa di cui all’art. 7 comma 1 lettera d) e lettera i) del D.Lgs. n. 504 del 1992 si è consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’uso effettivo dei locali prevale sull’accatastamento (cfr. Cassazione Sezione Tributaria 17.10.2005 n. 20033).
E’ vero, pertanto, che l’efficacia vincolante del giudicato penale non opera automaticamente nel processo tributario e il giudice tributario conserva poteri di autonoma valutazione, come ha evidenziato l’appellante, ma tale valutazione deve essere compiuta secondo i criteri interpretativi della normativa vigente in tema di esenzione ICI ormai consolidati dalla Cassazione. Nel caso di specie non è contestabile e non è stato adeguatamente contestato che l’immobile in questione, sebbene catastalmente classificato come “D/1” (“opificio”) e non come “E/7” (“fabbricato per l’esercizio di culto”), in concreto avesse di fatto due esclusivi tipi di utilizzo: luogo di culto, anche se limitato a fasce orarie ben precise, e luogo di ritrovo nei vani adiacenti alla sala principale degli iscritti di una associazione “in assenza di pagamento di biglietto di ingresso e di altri sintomi rivelatori di una attività imprenditoriale ” (cfr. testualmente la parte finale della sentenza del Tribunale di Lecco 12.7.2002 correttamente citata nella motivazione della pronuncia impugnata), Quanto al secondo esclusivo tipo di utilizzo, la CTP osserva che per la natura stessa della religione islamica la moschea assume una funzione polivalente. Si intende dire che la sala principale della moschea e i vani adiacenti alla sala principale diventano il luogo unitario destinato a professare la religione islamica e nello stesso tempo a realizzare momenti di ritrovo, intesi come espressione ulteriore ed essenziale della comune fede religiosa praticata dagli iscritti alla Associazione, proprietaria dei locali. Pertanto, fermo restando che prevale comunque l’uso effettivo dei locali sia sull’accatastamento sia sulla formale indicazione degli scopi statutari della Associazione che utilizza l’immobile suscettibile di tassazione, nel caso di specie le attività di ritrovo e di assistenza, svolte nei locali adiacenti alla sala principale, rappresentano una ulteriore manifestazione dell’esercizio del culto della religione islamica che detta precise regole di accoglienza e di assistenza dei propri fedeli. Pertanto, può concludersi, al pari dei principi già affermati dalla Cassazione in tema di enti riconducibili alla Curia vaticana, che l’assistenza e la connessa formazione ed educazione ed inserimento dei fedeli si presumano iuris e de iure attività comunque di religione (cfr. Cassazione Sezione Tributaria 25.2.2005 n. 6316). Peraltro, tale conclusione è stata già argomentata anche in significative ed articolate pronunce della Corte di legittimità, che, con riguardo agli enti che si collocano nella struttura della fede cattolica romana, hanno riconosciuto e indicato esplicitamente come luogo destinato all’attività di religione e di preghiera anche la sacrestia e i vani pertinenziali collegati con la chiesa parrocchiale, purchè in concreto sia accertato l’effettivo invocato utilizzo e in genere con il luogo destinato alla celebrazione del culto (cfr. Cassazione tributaria 12.5.2010 n. 11437, che ribadisce la necessità di una verifica in concreto del rapporto pertinenziale), nonché il palazzo vescovile (cfr. ancora Cassazione Sezione Tributaria 25.2.2005 n. 6316, pronuncia che appare meritevole di interpretazione estensiva a tutte le religioni). Inoltre, in aggiunta alle considerazioni fino a questo momento esposte, può svolgersi la decisiva e concludente affermazione per la quale il Comune impositore non ha dimostrato che nell’immobile in questione, adibito a moschea, si svolgevano e si svolgono, sia pure in parte qua (il che sarebbe stato bastevole per non applicare l’esenzione) attività oggettivamente commerciali (tali comunque non essendo quelle corrispondenti agli scopi della Associazione in esame parte appellata, rientrando caso mai nella categoria delle attività benefiche e di assistenza, comunque suscettibili di esenzione). Da ultimo, si osserva che non appare fondato l’ulteriore motivo di appello secondo il quale l’utilizzo per ragioni di culto di un luogo, che non sia stato autorizzato dal Comune, non può determinare vantaggi fiscali. L’appellante in particolare invoca la circostanza per la quale la lettera di non accoglimento della istanza di mutamento d’uso non è stata impugnata davanti al TAR dall’Associazione della Speranza e che la destinazione urbanistica dell’area non consente la presenza di luoghi di culto, tenuto conto che l’Associazione comunque ha ritenuto di pagare la Tarsu inquadrando la sua attività nel settore dell’ industria-artigianato. In realtà la omessa impugnazione davanti al Tar del rigetto del mutamento d’uso rileva solo ai fini urbanistici e non tributari, secondo lo stesso principio, già richiamato, in base al quale l’uso effettivo dei locali,accertato nella sua concretezza, prevale sull’accatastamento formale e in genere sulle classificazioni di tipo urbanistico-territoriale.