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Cassazione 3119 dell’8/2/2013: procedura DOCFA non è un atto negoziale

12 Apr 2013 | ARCHIVIO STORICO

Cassazione 3119 dell’8.2.2013

Con l’ordinanza n. 3119 dell’8/2/2013 la Corte di Cassazione ha confermato il principio secondo cui la procedura DOCFA non è un atto negoziale ma è una dichiarazione di scienza. Nella fattispecie la CTR aveva respinto l’appello dell’Agenzia del Territorio ed aveva annullato le notifiche di determinazione della rendita catastale di due unità immobiliari, in variazione della proposta fatta dalla parte contribuente a mezzo della procedura DOCFA. La CTR aveva motivato la decisione ritenendo da un canto che la denuncia “DOCFA” non aveva natura di atto negoziale ma di dichiarazione di scienza, con il conseguente diritto della parte dichiarante di modificarla ogni volta che la situazione di fatto ivi riportata risulti non veritiera, e d’altro canto che l’Agenzia non aveva tenuto in considerazione la normativa comunale per la determinazione dei vani, viceversa applicando la Circolare n. 4/T del 16.5.2006 (riferita alle categorie D ed E relative ad immobili speciali e perciò diverse da quelle ordinarie oggetto del contendere) così erroneamente finendo per considerare come vano principale anche quello con altezza inferiore a m. 2,70 che la normativa edilizia considera non abitabile ma accessorio all’abitazione. Sul punto la Cassazione evidenzia che “In tema di catasto dei fabbricati, la proposta di rendita secondo la procedura cosiddetta DOCFA, ex D.M. n. 701 del 1994, al pari della dichiarazione dei redditi, non ha natura di atto negoziale e dispositivo ma reca una mera dichiarazione di scienza e di giudizio che costituisce l’atto iniziale di un procedimento amministrativo di tipo cooperativo per la classificazione degli immobili e le rendite da questi prodotte. Siccome il procedimento di classamento è di tipo accertativo, mirando a far chiarezza sul valore economico del bene in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi di imposta, al contribuente deve essere riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita proposta all’UTE, quando la situazione di fatto o di diritto “ab origine” denunziata non sia veritiera”.