Cassazione 22519 del 2.10.2013
Con la sentenza n. 22519 del 2/10/2013 la Sezione Tributaria della Cassazione ha ribadito l’utilizzabilità delle dichiarazioni di terzi rese in sede extraprocessuale. Costituisce principio costantemente affermato dalla Cassazione quello per cui “in tema di contenzioso tributario le dichiarazioni di terzi raccolte dai verificatori ed inserite nel processo verbale di constatazione non hanno natura di prova testimoniale, bensì di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative, che possono essere utilizzate quando abbiano trovato riscontro nelle risultanze dell’accesso diretto dei verbalizzanti e non siano specificamente smentite dalla controparte. Nè è con ciò violato il principio della parità delle armi di cui all’art. 111 Cost., atteso che – in forza di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 18 del 2000 – anche il contribuente può produrre documenti contenenti dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale con il medesimo valore probatorio” (Cass. n. 16032/2005; id. n. 2805/2009). Nella fattispecie il giudice tributario d’appello, pur richiamandosi a detti principi, ne fa però scorretta applicazione. Ed invero, la CTR nel limitarsi ad affermare che le dichiarazioni dei terzi hanno mero valore indiziario e che i riscontri oggettivi agli stessi, nella fattispecie, non erano stati resi noti, ha del tutto omesso di valutare elementi oggettivi (quali l’omesso rinvenimento nel corso dell’operazione di verifica delle fatture relative ai costi ritenuti non deducibili e la circostanza che la società fornitrice non fosse in possesso dei macchinari e/o attrezzature nonchè del personale specializzato necessari) puntualmente indicati dalla ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, che, per la loro decisività, ove esaminati, avrebbero potuto condurre ad una diversa soluzione in punto di sufficienza ai fini della sussistenza delle presunzioni. Sulla questione si rinvia anche alla recente sentenza della Cassazione n. 21305 del 18/9/2013 (in TN n. 18/2013), che ha affermato la validità della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà nel processo tributario. Invero, la disposizione contenuta nell’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546/1992, secondo cui nel processo tributario “non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale”, è norma limitativa dei poteri delle commissioni tributarie, e quindi vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo; ovverosia per quella narrazione che acquista un particolare valore probatorio in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento o di un impegno da parte del terzo assunto quale teste.